[Ascolti_Reissue] Alessandro Moreschi – The Last Castrato: Complete Vatican Recordings (Opal/Fantôme Phonographique, 1987/2019)

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Negli anni della reperibilità illimitata e delle distanze azzerate, nulla è più ambito di ciò che sfugge al panopticon voyeurista. Non parliamo del piacere fetish di una merce rara, ma della frustrazione per un’esperienza intellettuale negata. Se tutti hanno accesso a tutto, una testimonianza mancante diventa qualcosa di più di un buco nella rete: è un avamposto di mistero in un mondo spogliato di sacralità. Chi spezza le catene dell’oscurità è un Prometeo che placa una bulimia ai limiti del capriccio, ma frantuma anche la possibilità di fantasticare su qualcosa che, per varie ragioni, ci è precluso: qualcosa che, il più delle volte, ci calamita per il suo carattere inconsueto o estremo.

Tutto ci affascina, nella conturbante e italianissima tradizione dei cantanti castrati. Innanzitutto perché poggia su dei presupposti che, con la nostra attuale sensibilità, possiamo solo disapprovare: un’operazione barbara e rischiosa, messa in atto su ragazzi per lo più poveri (nonché meridionali) che famiglie senza scrupoli sacrificavano al sollazzo di ricchi annoiati e, riguardo al canto liturgico, solo per perpetuare l’interdizione femminile ai cori ecclesiastici. Riprovazione morale a parte, la ragione di tanto morboso interesse risiede nel non poter assaporare direttamente quelle voci angeliche: nel 1903, dopo quasi quattro secoli di gorgheggi non arrestati nemmeno dal declino dello stile barocco, Papa Pio X mise infatti al bando la truculenta operazione (mai davvero legale, è bene precisarlo, per lo più praticata in clandestinità e motivata con improbabili incidenti), privandoci per sempre di un’emozione che potremo solo immaginare. O quasi.

Già, perché un anno prima del veto i tecnici londinesi della Gramophone Company (poi His Master’s Voice) erano riusciti a strappare una session ad un pasciuto ragazzone chiamato Alessandro Moreschi. Personaggio conteso negli ambienti mondani della Capitale, morto a 63 anni col viso di un fanciullo e la verginità inviolata, “l’Angelo di Roma” fu l’ultimo castrato rimasto in servizio presso la Cappella Sistina e il solo di cui esista una registrazione.
Incisione gracchiante (che, con ogni probabilità, ne ha abbondantemente falsato la performance), foto poco nitide e la consapevolezza che, salvo colpi di scena, siamo di fronte all’unica testimonianza di una tradizione estinta: anche solo per questo antipasto estetico, non possiamo non sorbire quella voce come un nettare proibito, immaginando fattezze e movenze di questo freak involontario. Non stiamo certo ascoltando Carnival Of Light: ad attrarci non è la rarità dell’oggetto ma dell’interprete, qualcosa tra l’oltreumano e il non umano, ircocervo con la consistenza armonica di un bambino e la potenza polmonare di un adulto. Il fatto che non si tratti di un virtuoso flamboyant ma di un mite uomo di chiesa, manco a dirlo, ne aumenta a dismisura l’irreale aura di purezza: la stessa che deve aver incantato David Tibet quando, nel 1995, campionò Moreschi nell’atroce loop di Where The Long Shadows Fall.

A turbare non è tanto il prodigio timbrico, quanto il tono languido e straziato dell’esecuzione: traboccante di un pathos troppo distante dai canoni contemporanei, il canto di Moreschi è un ottovolante di glissandi e singhiozzi che unisce la colpevole innocenza del torturato (qualcosa a metà tra Klaus Nomi e Antony) con l’estasi sadica del torturatore (un po’ Scott Walker, un po’ Jamie Stewart). Ciò non toglie che, tecnicamente parlando, ci sia comunque da sorprendersi: anche considerando che, fino a trent’anni dall’evirazione, la voce di un castrato rimane in teoria immutata, pensare che stiamo ascoltando l’ugola di un quarantaquattrenne è a dir poco sbalorditivo – al punto che quasi gli si perdona di aver cantato alla messa dell’odiatissimo Umberto I.

Recuperate negli anni 80 dall’etichetta britannica Opal e appena ristampate dalla misteriosa Fantôme Phonographique (già divulgatrice di imperdibili incisioni di non-musicisti come Antonin Artaud, Aleister Crowley, Maya Deren e tanti altri), le 18 tracce di The Last Castrato (12 come voce solista e 5 in coro, più un lancinante Ave Maria intonato da Papa Leone XIII in persona) ripropongono per intero quella mitizzata seduta, permettendoci di replicare all’infinito il guilty pleasure di un incontro impossibile e alimentare i nostri più reconditi complessi freudiani.

Tracklist
1. Domine Salvum Fac Pontificem Nostrum Leonem
2. Et Incarnatus Est / Crucifixus
3. Ideale
4. Ave Verum
5. Tui Sunt Coeli
6. Ave Verum
7. Crucifixus
8. Crucifixus
9. Pie Jesu
10. Hostias Et Preces
11. Preghiera
12. Ave Maria
13. Incipit Lamentatio
14. Laudamus Te
15. Improperia
16. La Cruda Mia Nemica
17. Oremus Pro Pontifice
18. The Voice Of Pope Leo XIII

[lo trovi anche su Ondarock]

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