[Ascolti] Townes Van Zandt – Sky Blue (Fat Possum, 2019)

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Austin, 1975. Il vecchio Uncle Seymour Washington è un ex-fabbro afroamericano soprannominato “The Walking Blacksmith”. Figlio di schiavi, ha il volto segnato da anni di fatica e vive in una sorta di baracca: non esattamente un fine dicitore. Eppure, quando il giovane cowboy seduto al suo fianco inizia ad arpeggiare una canzone intitolata “Waiting Around To Die”, i suoi occhi cerchiati di rosso grondano acqua come una roccia spaccata.

Gli riusciva facile, a quel ragazzo dai tratti teneramente virili, spostare montagne intere con la sua voce malferma e la sua chitarra appena sfiorata, e chiunque abbia visto il meraviglioso documentario Heartworn Highways faticherà a dimenticarsi quella scena incredibile. Qualche inquadratura prima era stato sorpreso dalla cinepresa a giocherellare con una pistola e a trangugiare whisky in orari poco raccomandabili, venendo ammonito dal suo saggio amico: forse è proprio l’infruttuosità di quella raccomandazione, in linea con il desolante testo del brano, a sconfortare il lungimirante vegliardo. Lo Zio Seymour morirà due anni dopo le riprese e vent’anni più tardi lo raggiungerà il giovane cantautore – destino vorrà nello stesso giorno in cui, quarantaquattro anni prima, se n’era andato Hank Williams, stella polare sua come dei vari Guy Clark, Steve Earle e tutti gli altri protagonisti del progressive country texano che sfilano nel film.

Oggi avrebbe settantacinque anni, il caro Townes. Fosse ancora qui, verosimilmente, accoglierebbe questa raccolta di inediti facendo spallucce. L’ha sempre schivato il successo, con un accanimento tale da far sospettare una strategia pianificata. Il suo malessere senza rimedio è un duro colpo per i crociati della “depressione ambientale”: famiglia benestante, incoraggiato a coltivare la sua passione, stimato dai colleghi e venerato dagli appassionati, ma tutto inutile di fronte al suo inesorabile cammino autodistruttivo (aggravato, è doveroso sottolinearlo, da uno sciagurato trattamento psichiatrico ricevuto in gioventù). Cinquantadue anni: troppi, per essere rivenduto come l’ennesimo “angelo caduto”. Sarà anche per quel profilo così poco trendy che gli Uncle Tupelo lo eleggeranno a pietra angolare del nuovo country alternativo, che gli deve tutto o quasi.

Vediamo, cosa abbiamo qui? Due tracce mai ascoltate prima (incantevole l’iniziale All I Need), versioni alternative (tra cui l’immortale tramonto western di Pancho & Lefty), cover (Last Thing Of My Mind, se possibile, è ancora più bella dell’originale di Tom Paxton) e un paio di provini che fanno tanto work in progress creativo, tutto materiale datato 1973. Abbastanza per giustificare l’ennesima pubblicazione postuma? La domanda in questo caso non si pone: il personaggio in questione è così prezioso che anche il più superfluo scarto di magazzino vale come oro colato. Non resta quindi che sprofondare con gli occhi al cielo in questi undici solchi, ennesimo regalo di un’anima in pena anche post-mortem. Out of kindness, I suppose.

Tracklist
1. All I Need
2. Rex’s Blues
3. Hills of Roane County
4. Sky Blue
5. Forever for Always For Certain
6. Blue Ridge Mountain Blues (Smoky Version)
7. Pancho and Lefty
8. Snake Song
9. Silver Ships of Andilar
10. Dream Spider
11. The Last Thing on My Mind

[lo trovi anche su Ondarock]

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3 pensieri su “[Ascolti] Townes Van Zandt – Sky Blue (Fat Possum, 2019)

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