[Ascolti] Parliament – Medicaid Fraud Dogg (C Kunspyruhzy, 2018)

Parliament_ Medicaid Fraud Dogg

Passando in rassegna le classifiche degli ultimi due-tre anni, uno storico musicale del futuro potrebbe verosimilmente ribattezzare questo periodo con una definizione contenente la parola “black”. Trainato dalla rap-mania che ha ormai occupato militarmene le postazioni strategiche del costume contemporaneo, questo contagio non sembra conoscere battute d’arresto, anche grazie al sostegno incondizionato delle più blasonate testate di settore.
Come tutte le mode altrettanto pervasive, c’è un pro e un contro: se da un lato è innegabile la nascita di un nuovo mainstream di qualità, portatore sano di interessanti discorsi sperimentali in forme abbastanza commestibili da tenere testa al sempre indifendibile teen-pop, dall’altro è legittimo obiettare che ci sia ben poco di “nero” tra le note di questa nuova orda, che al contrario pare soccombere con tanto di bandierina bianca all’egemonia culturale degli oppressori, replicandone sì le virtù ma anche e soprattuto i vizi.

Deve essersene accorto, il vecchio George Clinton, quando ha deciso di riesumare dopo ben 38 anni l’altisonante ragione sociale Parliament, emanazione della sua vena più funk e meno -adelica. Un ritorno digital only pubblicato direttamente in streaming e che coglie abbastanza impreparati, date le recenti dichiarazioni di abbandono dei palcoscenici e l’assoluto basso profilo con cui è stata gestita la rentrée, così in sordina che i più se ne sono a malapena accorti.
Un autentico affare di famiglia, scritto e prodotto insieme al figlio Tracey Lewis per la sua label C Kunspyruhzy, chiamando a raccolta alcuni fedelissimi del culto P-Funk (a cominciare da due pezzi da novanta come Fred Wesley e Pee Wee Ellis, colonne immancabili della sua sezione fiati oltre che collaboratori storici di James Brown) e rinunciando quasi del tutto all’indisponente abitudine dei featuring piacioni, limitati alla comparsata di Scarface nel frizzante singolo I’m Gon Make U Sick O’ Me.

Se la presentazione procede per sottrazione, non si può certo dire lo stesso dei contenuti: 23 brani per 106 (!) minuti di musica. Una torrenziale alluvione di groove che è anche un concept sulla “corrotta macchina sanitaria americana”, con cui questo peso massimo settantasettenne si riappropria di prepotenza del ring e costringe gli epigoni spadroneggianti ad armarsi di taccuino. Nuove leve che il Primo Ministro ha evidentemente ascoltato e apprezzato, ma che sconfigge ai punti grazie alla sua proverbiale ironia, cronica manchevolezza di una scena malata di autoreferenzialità.
A partire dall’esilarante copertina, è pertanto la parodia (innanzitutto di se stesso) la cifra di questo scatenato zibaldone, emanato dall’unico parlamento che non ha bisogno di voti di fiducia. Pur aggiornata con i suoni sgargianti delle produzioni di grido, la ricetta rimane quella con cui ha fatto la storia del genere: un caramelloso “panfunkismo” polifonico, affollato di personaggi come un film di Altman, plotone di voci più o meno sconnesse captate da questo demenzialissimo sciamano in trance cosmica. Srotolando tappezzerie vecchie e nuove ma saturandone sempre i colori, George fa il punto della situazione e ne approfitta per raccontarsi e, perché no, celebrarsi.

Caricature, dunque (vedi Psychotropic che ricorda a D’Angelo da dove viene, Kool Aid che prende Thundercat a ceffoni fretless o Backwoods che riaccompagna Anderson .Paak e Blood Orange a casa di Stevie Wonder), ma anche omaggi (Medicated Creep è così visceralmente Prince-iana da suonare come un tributo non dichiarato, mentre Riddle Me This potrebbe averla scritta Sly Stone), quando non direttamente citazioni (il tema di Epistrophy di Thelonious Monk rielaborato su On Fire) o addirittura autocitazioni (Medicaid Fraud Dogg, che assorbe la vecchia Freak Of The Week dei Funkadelic).
In mezzo a tanta gommosa disinvoltura, anche un inatteso scatto di tensione (la bolgia di Mama Told Me, quasi una risposta ai sermoni apocalittici di Death Grips e Algiers), un debordante invito alla presa di coscienza (il Roy Ayers in salsa dub di No Mos, con un verso come “what are they doing to our world?” a eterno monito Gaye-iano per tutti i “fratelli” ancora desti) e almeno uno slogan da tramandare ai posteri (“Medicaid side effects might be worse then the thing you’re trying to fix”, ancora dalla title track). E tra raucedini esibite come trofei (Antisocial Media) e un autotune spassosamente esagerato (Pain Management), l’ex-barbiere ne esce a testa alta anche come performer.

Mastodonte enciclopedico da scuola di musica e di vita, Medicaid Fraud Dogg è il guanto di sfida al presente di un inguaribile irregolare, un disco da spedire in quello spazio interstellare da sempre così caro al suo autore.

Tracklist
1. Medicated Creep
2. Psychotropic
3. 69
4. Backwoods
5. Oil Jones
6. Proof is in the Pudding
7. I’m Gon Make U Sick O’me
8. Antisocial Media
9. All In
10. On Fire
11. Loodie Poo Da Pimp
12. Mama Told Me
13. Set Trip
14. Kool Aid
15. DaDa
16. Pain Management
17. Riddle Me This
18. No Mos
19. Ya Habit
20. Higher
21. Medicaid Fraud Dogg
22. Insurance Man
23. Type Two

[lo trovi anche su Ondarock]

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