[Ascolti] Yo La Tengo – There’s A Riot Going On (Matador, 2018)

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E’ possibile non amare una band come gli Yo La Tengo? Può davvero esistere qualcuno che non riesca a trovare nel mercato del trio di Hoboken della merce di proprio gradimento, tanta è la varietà dei prodotti e la cura con cui vengono esposti? Sì, perché se è indubbio che esiste eccome uno stile “alla Yo La Tengo” (che potremmo riassumere in una tenue alchimia psichedelica di voci sussurrate, melodie appena accennate, asciutte chitarre Fender e scarna batteria tuckeriana), la loro voracità enciclopedica li ha portati a fagocitare pressoché ogni linguaggio, dal punk all’elettronica, dal soul al kraut rock, dal country al noise, riuscendo sempre a ricomprendere tutto nella stessa inconfondibile pasta sonora. Il trucco di Ira Kaplan & co. sta nell’aver sempre avuto, sin dai tempi di Ride The Tiger (1986), un piede nell’universo alternativo (per quanto riguarda l’approccio) e uno nella classicità rock (per quanto riguarda i contenuti), e il risultato non può che essere una Nuova Canzone Americana sorprendentemente fresca e riconoscibile. Dopo oltre 30 anni di carriera e nessun disco sbagliato, la loro ricerca (ricerca della perfezione, innanzitutto) sembra non essersi ancora esaurita, e a provarlo provvede questo nuovo capitolo che, dopo il divertissement Stuff Like That There (2015), si assume l’onere di trovare un seguito all’eccellente Fade (2013).

A contraddire il titolo (un esplicito riferimento all’omonimo capolavoro del 1971 a firma Sly And The Family Stone), qua di rivolte non c’è nemmeno l’ombra, trattandosi anzi del disco più rilassato e rilassante mai partorito dalla band. La dicitura va quindi interpretata in senso lato: le lotte sono da qualche parte là fuori, noi le elaboriamo rifugiandoci in una delicatezza che questi tempi agitati paiono a tutti i costi voler abolire, e anche questa va considerata una presa di posizione. Si tratta di un’opera liquida ma accuratamente architettata, in cui affiorano due sezioni abbastanza distinte: la prima di canzoni vere e proprie, prossime ad un folk-rock tecnologicamente evoluto; la seconda più astratta e impalpabile, per lo più strumentale, a tratti sconfinante nella musica d’ambiente, che nel finale si riallaccia alle forme riconoscibili dell’inizio. L’una e l’altra sono accomunate da un mood che non è inappropriato definire eniano, tra l’esotico e il contemplativo, con una crema di soffici sintetizzatori d’annata e piccole percussioni in lontananza a fare le veci della più convenzionale strumentazione rock. E’ un lavoro di piccole miniature in cui le ombre contano più delle luci, percorso da un tepore che qua e là si tramuta in torpore, appannato sin dalla copertina.

La prima mezz’ora è una sfilata di gemme, a partire dall’ipnotico strumentale You Are Here, perfetta introduzione alle placide atmosfere a cui presto diverremo assuefatti. Appena più consistente la splendida Shades Of You, che non avrebbe sfigurato nel terzo disco dei Velvet Underground, con un’interpretazione di Georgia Hubley al solito da brividi nella sua soprannaturale delicatezza; non le è da meno il marito nella successiva She May, She Might, abile pastiche electro-acustico. For You Too sfoggia invece una melodia indie rock più canonica, un po’ alla Radio Dept, l’ideale per riaversi dopo i tiri d’oppio precedenti. Ashes, la cui immobilità è appena agitata da un apatico e-bow, e Polynesia # 1, scanzonato acquerello folk dal repertorio di Michael Hurley, chiudono con grazia la prima parte dell’avventura.

Il viaggio nell’ignoto è inaugurato da Dream Dream Away, che già dal titolo preannuncia voli pindarici e/o abbandoni voluttuosi. Inizia come un madrigale alla Robbie Basho per poi tramutarsi in una spaesata folktronica, invischiata nel finale da voci ectoplasmatiche. Shortwave, invece, pare la soggettiva di una persona in coma che tenta di stabilire un contatto con delle voci lontane e indefinite, una versione spettrale della kosmische musik di Klaus Schulze, bordoni di contrabbasso come mostruose creature abissali e riverberi infiniti manco fossero stati incisi dentro una grotta. Appena meno catatonica la danza pellerossa di Above The Sound, basso alla Jah Wobble, scampanellare di un gregge lisergico e una voce che sembra sul punto di esalare l’ultimo respiro, prima di spirare in un freddo sbuffo di synth.

La speziata Let’s Do It Wrong, dal sapore quasi orientaleggiante, segna il ritorno a sagome più delineate, con un’insolita combinazione di organo, basso e legnetti echeggiati, appena turbata dall’inquieto finale sintetico. What Chance Have I Got, dominata dal contrasto tra pianoforte sabbioso e percussioni acquatiche, è uno shoegaze depotenziato che evoca paradisi tropicali, con un’altra struggente performance della Hubley. Dopo il breve scherzo cocktail-lounge di Esportes Casual arriva Forever, praticamente una I Only Have Eyes For You en travesti, eseguita così sotto voce e in punta di piedi che si fatica a trovare un aggettivo abbastanza tenero per descriverla, laddove Out Of The Pool pare uscita da My Life In The Bush Of Ghosts. Chiude Here You Are, speculare al brano d’apertura, vorticoso girotondo in una foresta pluviale in cui, prima di dissolversi, si condensano tutti gli spiriti che hanno popolato questa catabasi.

Nel complesso, come spesso a cade in operazioni di questo tipo, le canzoni risultano preferibili ai momenti più sperimentali, che non naufragano comunque mai nell’electro-fuffa; la verità e che le une giustificano gli altri e viceversa, e separali dorrebbe dire ammazzare il feto. Disco tanto fragile e disomogeneo quanto affascinante, lungo ma non noioso, forse non per tutti, There’s A Riot Going On è un’opera minore con una sua incontestabile dignità, gustabile a piccole dosi per assaporare i dettagli o da mandar giù tutto d’un fiato per perdercisi dentro, che forse necessiterà dell’azione chiarificatrice del tempo per essere collocata dove merita nella discografia di questa incredibile band.

Tracklist
1. You Are Here
2. Shades Of Blue
3. She May, She Might
4. For You Too
5. Ashes
6. Polynesia # 1
7. Dream Dream Away
8. Shortwave
9. Above The Sound
10. Let’s Do It Wrong
11. What Chance Have I Got
12. Esportes Casual
13. Forever
14. Out Of The Pool
15. Here You Are

[lo trovi anche su Magazzini Inesistenti]

Gli Yo La Tengo si sono esibiti a Milano il 15 maggio 2018: leggi il mio live report

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3 pensieri su “[Ascolti] Yo La Tengo – There’s A Riot Going On (Matador, 2018)

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