Il 23 settembre 2008, fresco di maturità e appena congedatomi dalla cittadina che mi diede i natali, scarabocchiai su un mio defunto blog un impressionante “manifesto” dalle sedicenti pretese sociologiche: si intitolava THIS IS ASCOLI (l’ammiccamento rimandava, ça va sans dire, a una celebre canzone dei Clash) e veniva pomposamente presentato come “indispensabile manuale di sopravvivenza nella giungla sud-marchigiana […], risultato di un lungo e certosino studio sulla vita suburbana della nostra adorata provincia […], un elenco rigorosamente alfabetico delle principali tribù/logge/sette/caste individuabili a grandi linee tra le maglie della popolazione indigena, con annesse descrizioni essenziali volte a svelarne caratteristiche, fenomenologia, riti ed evoluzione, […] ciascuna corredata da una valutazione in decimi”.
Nonostante il tutto fosse mosso più da affetto che da rancore, contro ogni mia previsione si scatenò un putiferio di dimensioni colossali, come in epoca pre-Facebook era piuttosto raro vederne: un’arena virtuale che vide fronteggiarsi quasi un centinaio di persone con bava alla bocca e occhi iniettati di sangue, spaccata in due tra chi invocava il mio squartamento sulla pubblica piazza (probando in toto quanto volevo dimostrare) e chi invece intravedeva in quell’arringa un coraggioso smascheramento del mefitico squallore della provincia, doveroso attentato all’impalcatura piccoloborghese di certa Italia marginale. L’escalation surreale finì per mettermi contro buona parte dei miei presunti “amici” e, in una concatenazione di passaggi che continua tuttora a sfuggirmi, arrivò a coinvolgere addirittura la DIGOS (allego a fine pagina delirante articolo di quotidiano locale).
Quel leggendario blog è ormai offline da tempo, ma io ho conservato una copia del famigerato trattatello. Nel corso degli anni più persone, tra il serio e il faceto, hanno rispolverato la querelle rammaricandosi di non poterlo più consultare, così ho deciso di ripubblicarlo. Eccettuato un superficiale lavoro di editing, non ci ho praticamente rimesso penna, per preservarne il valore filologico di testimonianza.
Rileggendolo adesso non posso che sorridere di fronte alla ridondanza della prosa e alla spudorata parzialità delle analisi, e senz’altro sarei propenso ad alterare/aggiornare più di un paragrafo; credo, tuttavia, che questi fattori non ne minino validità, efficacia e godibilità. D’altronde, già all’epoca commentavo in calce, con piglio da sondaggista: “Sebbene il fenomeno vada circoscritto per lo più alle fasce giovanili della popolazione, trovo sia abbastanza esemplare e sconcertante, al di là della validità delle mie analisi, la visceralità con cui la tipica mentalità secondorepubblicista-p2ista (logica dei blocchi e delle alleanze, spirito di appartenenza utilitarista e fine a se stesso, fittizio sentimento di comitiva-classe, distinzione di determinati personaggi-chiave nell’ambito della cerchia definita, ecc…) abbia attecchito nei confini delle Cento Torri, paesino massonico per eccellenza, per quanto forse inconsapevolmente.”
ABRUZZESI – Considerati alla stregua di immigrati indesiderati, sempre squadrati con sospetto e spocchia tutta campanilista, sono organizzati in piccoli branchi nomadi oppure vivono in solitudine investendo il proprio tempo in attività illecite e deprecabili di cui usufruiscono un po’ tutti. Caratterizzati da un accento marcatissimo, da una parlata ronzante e da temibili intercalari in costante rinnovamento (da segnalare l’inspiegabile contagiosità dei loro dialetti, che si appiccicano irrimediabilmente sulla lingua di chiunque li frequenti per più di un pomeriggio), trovano il loro fattore identitario in un’impressionante omologazione: tutti paiono avere gli stessi interessi (si prenda ad esempio il loro comune pantheon musical-cinematografico, con una dozzina al massimo tra film e dischi a costituire l’unico patrimonio dei singoli) e compiere le stesse azioni, addirittura gli stessi gesti. Altri elementi distintivi sono il pessimo gusto nell’assortire il vestiario, la passione per i motori, l’abituale consumo e spaccio sottobanco di stupefacenti rigorosamente leggeri, la volubilità dei loro atteggiamenti (che spesso li porta a scatenare risse furibonde guarnite da minacce in stile malavitoso, specie se inerenti a questioni di onore infangato o illibatezza muliebre offesa), la totale apatia e insensibilità nei confronti di tutto e tutti, i pareri quantomeno discutibili riguardo il dipanarsi dei rapporti umani (certe manifestazioni d’incoerenza, specie da parte degli individui di sesso femminile, rimangono eloquenti, specie se riferite a situazioni di coppia), la fosca ombra che li accompagna ad ogni passo. Vengono alternativamente apostrofati come “teramani”, anche se il termine va piuttosto assimilato all’insulto razziale che considera qualunque persona ostentante un look tarpano come natio delle brulle colline locali. Da citare infine una nota perversa che caratterizza soprattutto gli esemplari più immaturi della specie: un culto morboso, inverosimile, filo-nazista o filo-omosessuale a seconda dei pareri, del nerbo fisico, della capacità di combattere e di difendersi, del computo delle cicatrici corporee, e il conseguente disprezzo per chiunque non soddisfi questi canoni di virile carisma, sintomi evidenti di una velleità ai limiti del parossismo congenita ad ogni abruzzese purosangue. Dopo il cambio di gestione del Ballanti si sono insediati a frotte nel centro città, minacciando addirittura di conquistare Piazza: avranno l’accoglienza che meritano. VOTO: 5
ALTOLOCATI – Sono la quintessenza della bella società ascolana, i rampolli delle ataviche stirpi nobiliari che hanno fondato la città, gli eredi di fortune inimmaginabili, i membri delle più potenti famiglie di imprenditori o semplicemente degli esibizionisti con la passione per il lusso sfrenato. Considerati creature pure e perfette, da prendere a paradigma, si permettono abusi e soprusi ai limiti della decenza e della legalità, protetti dal loro status di padri fondatori della “cultura” comune e di instancabili procacciatori di reddito. Controversi e mai chiariti i loro legami con l’estrema destra suburbana, con cui spesso vengono identificati. Hanno come epicentri del loro universo luoghi esclusivi come il Circolo Cittadino e il BB, nei quali sono liberi di sfogare la loro passione per la danza sfrenata e di esibire i loro prestigiosi capi d’abbigliamento. Onnipresenti in occasioni salottiere che coinvolgano la mondanità che conta. VOTO: 4
ANCONETANI – Assai poco diffusi nel territorio cittadino, per lo più studenti, non particolarmente benvoluti a causa delle spiccate rivalità calcistiche ma nemmeno così insopportabili come vengono dipinti. VOTO: 6.5
CINEFILI – Pur non godendo di un’identità strutturata e del riconoscimento altrui, possono anch’essi essere considerati una piccola nicchia a sé stante. Le loro cerchie annoverano personaggi bizzarri e rimarchevoli, accomunati dalla passione per la celluloide da espletare nei periodici raduni del cineclub con sede al Piceno. Non mancano discutibili poser e impostori, ma nel complesso la loro categoria può vantare un’autenticità (oltre che una cultura e una passione) davvero rara. Tuttavia, a causa di una comune agorafobia e difficoltà a comunicare con l’esterno, sono di solito etichettati come reietti e ignorati, quando non odiati, dalla comunità. Non bisogna trascurare il fatto che in città vige uno strano luogo comune in base al quale il cinema sia una disciplina minore da aborrire con tutta l’anima, particolare che rende non facile la vita ai pochi cinefili rimasti ancora attivi. Ultimo, (si spera) inaffondabile barlume di coscienza culturale, scampolo di scenari ben più rosei, e tra le poche persone con cui valga ancora la pena parlare. VOTO: 8.5
FASCISTI – Potrà sembrare superflua come categoria, data la schiacciante e radicatissima presenza di un certo annacquato credo politico nel bieco panorama cittadino. Sotto questa definizione possono essere inglobati diversi gruppi etnici: gli ultrà dell’Ascoli Calcio in qualche modo connessi con il movimento hooligan “Estremo Sostegno”; i reduci della famigerata “Farmacia” sopravvissuti alle scosse della cocaina e alla diaspora che ne ha smembrato le fila; i membri di trascurabili movimenti parlamentari post-MSI; certa borghesia industriale dal doppio volto (apparentemente innocua nella vita quotidiana, esasperatamente violenta sotto le spoglie notturne); giovanotti scontenti e frustrati. Xenofobi, retrogradi, semi-analfabeti, educati (?) con sode razioni quotidiane di rabbia e odio, cultori della fisicità e della velocità, costantemente impegnati a migliorare e temprare i loro corpi possenti, sempre alla ricerca di situazioni in cui poter far baldoria, disprezzano chiunque non la pensi come loro anche senza diretta interazione con i malcapitati, oppure semplicemente si divertono a sopprimere chi possa apparire troppo debole/povero/insignificante ai loro occhi. Ambivalente e volubile l’atteggiamento nei confronti delle classi alte, esecrate da alcuni come inaccettabile compromesso con la vita civile, esaltati da altri come fiore all’occhiello della classe dirigente-produttrice, fonte della ricchezza cittadina e modello comportamentale di volgare eleganza. Quando meditano assalti pre-organizzati nei presunti covi dei loro “nemici” si presentano sempre in plotoni sconfinati, armati, corazzati e imbottiti di slogan aberranti, iniziando a massacrare indiscriminatamente chiunque capiti loro a tiro, anche loro simili. Nonostante questa apparente invincibilità, è curioso notare come il più delle volte siano proprio loro a rimetterci e a uscire malconci dalle risse sobillate, nonostante il vantaggio numerico e l’attrezzatura contundente, dimostrando quanto sia fanfarona la loro indole combattente. Presi singolarmente sono del tutto innocui, e anzi tendono a vivere nel terrore quando si trovano in disparte, comprendendo la loro vulnerabilità al di fuori del branco. In situazioni goliardiche e festaiole sono soliti alternare pose perbeniste a rigurgiti di scurrilità e vandalismo, con una particolare propensione per tutto quanto sia inerente al fuoco e alla cenere, emblemi vitalistici oltre che stemmi politici. Minaccia permanente e invisibile per il quieto vivere degli altri abitanti che nulla hanno a che vedere con le loro farneticazioni, più che delle semplici persone sono delle pietre angolari umane, alla base dell’instabile struttura sociale del paesotto. VOTO: 3
FERMANI – Dopo i terremoti politici che hanno segmentato i confini tra le due province, da sempre rivali riguardo la contesa dei territori, il rapporto con la popolazione intestina si è fatto abbastanza teso, senza però mai sfociare in violenza diretta, al di là delle rivalse di alcuni integralisti. Poche note le loro abitudini e i loro costumi. VOTO: 6
FREAKKETTONI – Sottile ma non trascurabile la distinzione delimitabile tra loro e le ben più detestabili zecche (vedi sotto): si tratta infatti di giovincelli apparentemente normali, provenienti da ottime famiglie ma legati ai circuiti della sinistra (ultra)moderata rotante intorno alla sede del PD, ai mercatini dell’Equo e Solidale, alle feste dell’Unità e ad ogni sorta di sagra della polverosa nostalgia da annegare dell’etanolo. Appunto l’alcool, oltre all’amore per la musica folk e la danza popolare e una convinzione politica millantata più che reale, è l’elemento coagulante di questa eterogenea e contraddittoria categoria umana, che si vanta di letture raffinate e professa nobili ideali di tolleranza pur non lesinando un’alterigia sfociante in molle razzismo contro i veri “diversi”. Imbarazzante la banalità dei loro ideali e la schietta somiglianza tra i loro punti di vista, che raramente sono in grado di argomentare. Altra loro roccaforte è la mesta biblioteca cittadina, in cui è facile incontrarli quasi tutti i pomeriggi assorti tra le pagine di volumi di cui ignorano anche il titolo. Nel loro rigido alternativismo finiscono con l’essere i più conformisti di tutti, nemici numero uno di qualsiasi rivoluzione. VOTO: 4.5
FUSIONARI – In parte sparpagliati anche tra metallari e musicisti semplici, hanno come unica ragione di vita lo studio e il conseguente sfoggio di un’ossessiva tecnica strumentale appresa mediante terrificanti manuali e altrettanto condannabili scuole, profumatamente pagate. Per il resto sono poco più che ascolanetti da quattro spicci, pieni di ansie da prestazione e tendenti allo sputazzo su coloro che non ritengono paragonabili alla loro inarrivabile capacità. Una filosofia che fa decisamente acqua da tutte le parti, ma in fin dei conti c’è di peggio. VOTO: 6
HIP HOP – Altra classe difficilmente inscatolabile in un preciso agglomerato umano. Sono ascrivibili a questo circuito rapper, writer, skater, gangster, sessisti. Molti di loro convivono con le fasce disagiate della popolazione abitanti la porzione di città compresa tra il Moderno e il Jolly, ma le loro ramificazioni sono incalcolabili, arrivando a toccare certo Abruzzo e molte zone del litorale. Importante sede delle loro produzioni grafiche è situata a Polombare, da considerarsi loro territorio d’elezione, sebbene tracce del loro passaggio siano individuabili ovunque. Godono di incredibile popolarità e rispetto, per quanto le loro proposte non brillino certo per originalità. La maggior parte di loro si accontenta di vivere in disparte, quasi ai margini della società, dedicandosi alle attività tipiche della cultura da ghetto e al consumo della droga sopravvissuta alla vendita. Non mancano, tuttavia, minoranze che applicano alla lettera i precetti del gangsta world, producendosi in atti violenti e facendo guerra di strada alle cricche rivali. Musicalmente parlando sono tra i più attivi e seguiti della provincia, nonché tra i pochi in grado di sopravvivere grazie all’autoproduzione serrata. VOTO: 5
HARDCORE – Fazione estremista dell’universo punk orbitante intorno al Moderno, dal quale peraltro prendono decisamente le distanze, sono orgogliosi portavoce di ideali anti-istituzionali, equamente divisi tra fomentazione anarchica e posizioni stataliste. Ignorando i dettami anti-sballo dello stile musicale col quale s’identificano, si autodistruggono senza tregua e senza ragione, perdendo per strada la loro apprezzabile energia militante. Loro caratteristica saliente è l’apparente incompatibilità tra la smunta struttura fisica e la spropositata forza fisica che spesso sfoderano in difesa del loro piccolo tempio. VOTO: 7.5
ICONOCLASTI – Qualcuno potrebbe scambiarli per dei freakkettoni qualunque, ma il loro è un caso che merita un’analisi a parte. Trattasi di una ridotta congrega di giovanotti ben vestiti, quasi tutti musicisti (pagatissimi), tutti provenienti da famiglie di stampo smaccatamente borghese, figli per lo più di medici o feudatari, alcuni parecchio ricchi, autoproclamatisi sinistrorsi a dispetto delle loro origini e dei loro modi di fare, appassionati in misura grottesca alla modaiola musica popolare e al profondo Sud in cui spesso si recano in comitiva (l’appropriazione indebita di una cultura altrui, fino all’assimilazione, non viene a quanto pare considerata una forma d’incoerenza con le proprie sempre difese origini), dediti ad attività che pretendono di essere intellettuali senza troppa convinzione ma servono solo a mascherare un atteggiamento che è la summa dell’ascolanismo: accento spinto, termini declinati in uno slang quasi incomprensibile, volgarità spicciola, passione calcistica becera, costumi sessuali disinibiti e promiscui (dei quali non smettono mai di vantarsi), pseudo-demenzialità da bar sotto casa, presunzione e arroganza più uniche che rare, profonda convinzione di essere onniscienti e intoccabili, aggressività da sfoderare non appena si scalfisce il loro carapace di costruzioni mentali. Identici e intercambiabili come automi, finti amici di tutti, in realtà astiosi e ostilissimi, si atteggiano a persone vissute che nulla più hanno da apprendere, ironizzano e motteggiano qualsiasi cosa non li aggradi, insultano con veemenza chi considerano “ridicolo” (= chiunque non corrisponda ai loro sacrosanti canoni morali), pontificano su qualsiasi argomento e tacciano chiunque non la pensi come loro di ignoranza e presunzione, con modi derisori da caserma, volti all’umiliazione e allo scherno, non accettando critiche di alcun genere. Il sorriso altezzoso che hanno stampato in volto è il vaglio a cui qualunque creatura viene sottoposta e il più delle volte respinta, messa alla berlina con l’ironia di chi è troppo indaffarato per prendersi sul serio. Quasi tutti felicemente fidanzati (tra di loro, manco a dirlo), si dichiarano massimamente appagati dal loro stile di vita. Pur spalleggiati e protetti dalle loro potenti famiglie, detestano con tutto il cuore chiunque non considerino indipendente e autonomo, incapace come loro di guadagnarsi ogni giorno il pane senza gravare sulle spalle di nessuno, fascia di umanità malamente bollata come “incapace”, “inetta”, fallita”, “omosessuale”. La loro costante esaltazione del lavoro (come anche della forza fisica, della virilità, del numero e di tutto quanto faccia “tosto”, “vincente”) li porta inoltre a nutrire un particolare rancore verso i liberi pensatori e le anime perdute, colpevoli di avere idee e di credere in qualcosa, peccati imperdonabili in quanto distanziano l’uomo dal pragmatico realismo indispensabile per fare i conti con la quotidiana esistenza, della quale sono disillusi e vigorosi avversari. Non è un caso che proprio loro siano i promotori principali della bombardante campagna elettorale del PD, partito nella cui inconsistenza hanno intravisto un punto di riferimento per il loro economicistico pressappochismo e il loro incontenibile bisogno di rapportarsi con la Società e la Vita. Tuttavia, la loro presunta maturità come per magia scompare non appena si trovano di fronte a qualsiasi minima difficoltà: basta una piccola crisi sentimentale o un cicchetto di riciclato male di vivere per abbattere la loro inaffondabile tempra – e guai a non venire loro incontro per compatirli, si rischia l’accusa di ingratitudine (perché sanno anche essere vendicativi, e tenere il muso prolungato se necessario). Bravissimi a etichettare, un po’ meno a incassare possibili colpi. Incapaci di rimanere da soli per più di 10 minuti poiché privi di personalità e spina dorsale, terrorizzati dalla possibilità di rimanere senza amici, si arruffianano nei modi più insolenti la simpatia altrui ma sortiscono l’effetto contrario. Il mondo potrebbe esplodere alla loro spalle e rimarrebbero senz’altro voltati: in compenso pretendono la massima considerazione delle loro questioni personali. Concupiscono il verbo “volere”, proferito con toni sempre autoritari e imperativi, come se tutto gli fosse dovuto e la buona educazione (della quale si ritengono adepti e in nome della quale censurano ogni comportamento possa traviarla in pubblico) non fosse loro prerogativa. A tratti vengono travolti dal bisogno di dimostrarsi saggi ed assennati anche in ambiti più allargati, ed eccoli improvvisamente tutti radunati intorno a un tavolo a borbottare sottovoce discussioni di insostenibile qualunquismo su massimi sistemi riletti in chiave provinciale, temi su cui sono sempre e comunque d’accordo. Un bambino di quattro anni potrebbe senza troppi sforzi ribaltare qualsiasi loro opinione. Frequentano scuole/università di costoso prestigio a spese dei facoltosi parenti, nelle quali poter approfondire tutte quelle mirabili discipline che sono ormai divenute punti fermi della cultura di destra nazionale. Ci tengono ad apparire impeccabili sin nei più piccoli particolari: l’igienismo patologico che decantano come prassi quotidiana pare riempirli d’orgoglio, negli altri invece genera solo qualche sguardo perplesso. Sono in soldoni persone noiose, scontate e per nulla stimolanti, che anzi mettono tensione e fanno sentire a disagio. Se volete farli contenti parlate loro di fica e pallone, batteranno le mani gongolando come foche ammaestrate. Forse in assoluto i peggiori di tutti, e ce ne vuole. VOTO: 1 (e solo perché lo zero non è da considerarsi né un vero numero né una valutazione ufficiale)
LAMENSI – Forse la tipologia che può vantare più personaggi folkloristici e leggende rionali, sempre presenti in ogni loro discorso. Di solito rimangono reclusi nei loro inospitali territori, quando si fanno vivi in città costituiscono una presenza discreta ma non superflua. VOTO: 7.5
MACERATESI – Umili e simpatici agricoltori amanti del lavoro a contatto con la natura e della loro piccola vita paesana. Inoffensivi. VOTO: 7
METALLARI – Vanaglorioso e diffuso stereotipo comportamentale che ha fatto la fortuna dei venditori di cianfrusaglie e dischi di dubbia qualità. Sempre foderati dalle tipiche magliette griffate, appesantiti da un’impensabile quantità di monili, imbronciati e sedicenti cattivi, si aggirano un po’ ovunque ostentando le loro discutibili pose, specie ai concerti di qualsiasi genere nei quali si presentano in condizioni di nulla lucidità scatenando gratuiti poghi. Difficile stabilire se costituiscano un’unica grande banda o tutt’al più una federazione di gruppetti isolati. Checché ne dicano loro, non hanno mai fatto del male a nessuno (a meno che non si voglia considerare l’offesa al buon senso e al buon gusto come un reato), motivo che li rende tutto sommato non del tutto spregevoli. VOTO: 6
MILITANTI – Striminzitissima coalizione di giovani politicamente consapevoli, storicamente dotti e socialmente insoddisfatti. Non costituiscono un partito vero e proprio, ma a tutti gli effetti sono l’unico possibile punto di riferimento per la minata sinistra locale. Privi di una reale organizzazione interna, hanno tutte le carte in regola per costituire un movimento ad alto tasso destabilizzante e sovversivo, non fosse per la proverbiale penuria pecuniaria. In grado di mettere al tappeto il medio-parlatore grazie a non comuni doti di erudizione ed eloquenza, raramente s’immischiano in discussioni di scarso valore, preservandosi dalla contaminazione con il populismo parassita dilagante. E’ difficile vederli in giro, e quando ci sono non si notano, tanto sono anonimi e discreti nel loro rifiuto di qualsiasi facile tentazione ideologica. Forse eccessivamente chiusi con l’esterno e radicali fino al midollo, ma ce ne vuole. Come biasimarli. Quando si dice pochi ma buoni. VOTO: 9
MINOLLI – Il più delle volte prodotti in cancrena plasmati da genitori iperprotettivi e iperpresuntuosi, diretto parto decadente della mentalità altolocata (vedi sopra), sono ragazzini e ragazzine che individuano la fonte delle loro certezze nel bruciare le tappe congenite al percorso di crescita, sfruttando i patrimoni familiari per migliorare la propria public image. I primi amano o fingono di amare il rischio, tendono a sperimentare prima del dovuto sballi sconsigliati, guidano mezzi che le norme vigenti in teoria precluderebbero loro, millantano avventure sessuale ai limiti del BDSM, cavalcano pose bullistiche e trattano con snobistica noncuranza le donnine che vorrebbero impressionare; le seconde venerano lo shopping alla stregua di un rito, sono informatissime su gossip e ultimissime varie, adoperano un vestiario ed un make up impropri per la loro età effettiva, provocano gli individui dell’altro sesso con ammiccamenti di ogni genere, fanno spargere voci discordanti ma sempre leggendarie sulla loro versatilità erotica, si esprimono con un tono di voce sempre fuori luogo e disprezzano chiunque possa ostacolare il loro divertimento. Sono in linea di massima delle esasperazioni consumistiche in salsa inacidita, ridicoli ma in fondo consapevoli di esserlo, anzi contenti di interpretare la maschera grottesca che si sono dipinti da soli. Frequentano i posti giusti al momento giusto, appena compaiono trovano il modo di farsi notare e si considerano di conseguenza i veri padroni della città, ma la comunità è solita metterli ai margini se non calpestarli. Minacciano, ma finiscono quasi sempre per prenderle loro. A sentirli sembrerebbe che ogni singolo sampietrino dell’urbe sia di loro conoscenza, in realtà sono profondamente soli, ignorati. Caratteristi pirandelliani e nulla più, mediocri e fieri di esserlo: sarebbe ingeneroso giudicarli con troppa intransigenza, anche perché sono meno nocivi di quanto si possa credere. Si confida comunque in una loro possibile maturazione futura, non sarebbe un cattivo proposito. VOTO: 5
MONTICELLIANI – Da non confondere con la marmaglia di eroinomani con cui il piccolo quartiere viene solitamente identificato, costituiscono un isolato nucleo d’individui che poco hanno a che spartire tra loro, se non la comune origine. Per lo più gente a posto, simpatica e spontanea, relativamente socievole. VOTO: 7
MUSICISTI – Il nome fornisce le informazioni necessarie a comprendere la loro ragion d’essere: una ridotta congrega di amici, proveniente per la gran parte dal liceo scientifico e ora sparpagliata tra università varie, con un sana passione per la buona musica, senza pretese megalomani, con classe e gusto. Parecchio goliardici e amichevoli, fanno perno su un umorismo tagliente e demenziale come motore dei loro rapporti sociali. Li unisce anche un notevole bagaglio di esperienze (Bove Finto Offidano, ormai di loro gestione) e conoscenze comuni, inesauribile fonte di argomenti per discussioni che possono protrarsi anche per giorni interi. Li si potrebbe accusare di essere un po’ troppo disimpegnati e legati ai contesti di comitiva, ma forse è meglio così. VOTO: 8
NERD – Pacifici sfigatelli brufolosi e occhialuti, abbigliati come damerini ottocenteschi o malamente incartati in stracci di fortuna, elusivi e sessualmente ambigui, elementi umani ricorrenti in quasi tutte le comunità occidentali contemporanee. Seriamente vicini all’ideale kraftwerkiano dell’uomo-macchina, vivono (o meglio, esistono) rintanati nelle loro camerette tappezzate di poster e modellini in scala, con le pupille incollate ai monitor dei loro computer, attorniati da un denso corredo di marchingegni sinistri di ogni genere e funzione. Collezionisti cronici per indole o per vizio, possiedono sconfinati archivi di fumetti, videogiochi e materiale audiovisivo, gelosamente custoditi con piglio feticista. Ogni tanto sovviene loro l’appartenenza (quantomeno ontologica) al genere umano, per cui si vedono costretti a soddisfare i propri istinti più reconditi (spesso scalpitanti, a causa dell’astinenza monacale) servendosi del loro studiatissimo materiale pre-onanistico. Sono citati, spesso a sproposito, come prototipo del non-ideale da non seguire, e anzi da rigettare come malattia contagiosa: eppure viene molto più spontaneo simpatizzare per loro piuttosto che per gli stizzosi che li diffamano. Si fanno gli affari propri e paiono pure divertirsi: criticarli solo perché poco convenzionali è pratica sterile. A loro modo martiri anarchici ed eroi del nostro tempo, benché del tutto fuori dal nostro tempo. Una scelta non facile, onore alla tenacia. VOTO: 7
OFFIDANI – [superfluo ogni commento in questo caso] VOTO: 6
PIAZZAROLESI – Villici neo-medioevali e sagra-dipendenti, amanti della roccia e del legno, sono una delle poche realtà “da borgo” sopravvissute alla globalizzazione cittadina. Non hanno interessi particolari o abilità di spicco, solo un’onesta volontà di vivere tranquilli senza arrecare eccessivo fastidio. Ospitano nei loro territori gli illustri cancelli del Villaggio Rozzi. Da ricollegare a loro anche la zona dell’Annunziata e dintorni. VOTO: 6.5
POGGIODIBRETTESI – Tipacci temuti ed evitati dai più, conducono una vita isolata nel loro misterioso paese. Risaputo il consumo spesso quotidiano di stupefacenti, la predilezione per le grosse cilindrate e la diffusa grezzura, meno nitidi i rapporti di gemellaggio che li legano a posti a dir poco malsani come Martinsicuro e Stella Di Monsampolo. La loro aura di ragazzi di strada senza peli sulla lingua e assicurazione sulla vita ha attratto molte ingenue fanciulle nel loro regno, da cui poche hanno fatto ritorno. VOTO: 5
PORTAMAGGIORESI – Flagellati dalla pianificazione urbanistica più incoerente di sempre, che complica incredibilmente ogni loro minimo spostamento (il numero di rotonde spartitraffico per abitante è da guinness dei primati), sono figure schive e abbastanza oscure, dedite a un’esistenza casalinga. Da taluni nemmeno considerati ascolani con tutti i crismi. VOTO: 7
PORTACAPPUCCINESI-SPINETOLIANI – Due tra i popoli più buffi dell’entroterra correlati da un altrettanto bizzarro legame di affinità. Da un lato le facinorose genti dell’Ascoli periferica, dall’altro i chiassosi paesani sinistrorsi: una miscela insolita ma non del tutto da buttare. Non enumerabili i personaggi leggendari che annoverano tra le proprie fila. VOTO: 7.5
PUNK – In realtà si tratta di un’etichetta riduttiva che include una gran varietà di schieramenti differenti: dai darkettoni agli emo, dai settantasettini ai corporate, con sparute propaggini che toccano zone anche più estreme. Si disprezzano senza remore tra di loro, ignorando forse di essere leggerissime sfumature dello stesso sbiadito colore. In prevalenza ragazze accomunate da una serie di riti canonici: l’ascolto di musica elementare e diretta, da loro definita “rumore”; l’abitudine di fabbricarsi da sole variopinti vestitini di toppe e pezza, di colorarsi capelli e scarpe, di traforare la propria pelle con oggetti metallici di ogni genere e di sfoggiare feticci dall’ambiguo significato; la venerazione per la trash culture con annessi & connessi; un corredo abbastanza omogeneo di film cosiddetti “cult”; l’avversione nei confronti di qualunque altra weltanschauung non asservita al punk, specie ciò che considerano “commerciale”; il fascino dello sballo facile che possibilmente naufraghi nel vomito, metafora totemica della filosofia “acida” condivisa; l’odio per chi maltratta gli animali; la volgarità gratuita con cui sviscerano slogan triti e ritriti; le pose aggressive contro non si sa bene chi/cosa; la totale mancanza di (auto)ironia. Prendersela con loro ha senso fino a un certo punto, trattandosi di un universo con filiazioni in buona parte del globo: se non ci credete, fate una capatina nella fittissima rete di blog di queste discutibili comunità, peraltro tutti pedissequamente speculari. A vederle in giro o pigramente stravaccate sulle scalette del Moderno sale sempre un groppo di disgusto, ma accanirsi equivarrebbe a sparare sulla croce rossa. La loro è pura esibizione senza sostanza, assolutamente irrilevante, e anche il volersi a tutti i costi spacciare come disadattati incompresi in una società conformista finisce col dar più fastidio che altro. Fanno pena più che tenerezza gli individui di sesso maschile che si lasciano affascinare se non addirittura coinvolgere in questo perverso gioco al massacro sinaptico, menti magari promettenti bruciate come fiammiferi. Su certi presuntuosi interessi cine-musical-lettarari che esulano dalle loro abituali “competenze” è meglio tacere. VOTO: 4.5
SANBENEDETTESI – Null’altro che una provenienza geografica, un comune credo calcistico e un rapporto a tu per tu con l’acqua marina. Uno dei pochi legami a doppia mandata con la nostra città è il covo di punkettine associate con i circoli oriundi. Tendono a trattarci meglio di come noi facciamo con loro, non è poco. VOTO: 7
URBINATI – Universitari irascibili e brontoloni, sempre pronti alla contestazione del prossimo, risentono del clima di chiusura ermetica del loro borgo in salita e faticano ad integrarsi con i loro vicini. A volte si ha l’impressione che siano per principio contrari al divertimento sia proprio che altrui, tanta è la collera con al quale censurano ogni svolazzamento di mosca. Inutile cercare di discuterci, non li convincerete mai delle vostre ragioni: loro, in compenso, faranno di tutto per portarvi dalla loro parte. VOTO: 6
VILLAPIGNESI – Ragazzi di vita pasoliniani, ficomani e spesso tossici, in sintonia con lo sport e i tubi di scappamento, vivono per strada o quasi e prevalentemente nei ristretti confini della loro zona natia, specie nei tellurici paraggi di Segà. I profughi ascolani si sono subito integrati con i frequentatori del Jolly, con i quali condividono le abitudini insalubri e la vita errabonda. Non hanno idee proprie praticamente su nulla ma sono meno tonti di quanto diano a vedere. Caratteri scostanti e spesso non del tutto comprensibili. Discreto tasso di musicisti. VOTO: 6.5
ZECCHE – Volendo essere più sinottici possibile, tutto il complesso di ragazzi, spesso impuberi, faticosamente orbitanti intorno ai pilastri ascolani della vita cagionevole cui fanno capo il Moderno e il Jolly. Pur non esistendo vere e proprie gerarchie all’interno della variabile ed eterogenea combriccola, sono facilmente distinguibili dei decani e delle giovani leve che li considerano guru. Demotivati e abbrutiti dai loro stravizi (che essenzialmente si limitano alla canapa e ai bicchieri) e da una routine di non-attività di gruppo che si ripetono con quotidiana iterazione, non hanno il benché minimo slancio vitale che possa riscattarli e non paiono nemmeno infastiditi dalle malelingue che serpeggiano ovunque sul loro conto. Imperturbabilmente tranquilli perché perennemente storditi, intorpiditi da un cronico vuoto cerebrale più che dalle sostanze cancerogene che sfoderano in ogni occasione, vestiti in maniera indecorosa e quasi sempre muniti dell’inseparabile skate reliccato, si spacciano per pacifici filantropi senza riserve ma a un’analisi più attenta risultano gretti e individualisti, indirizzati per indole più a farsi i cazzi propri nel loro colorato mondo inesistente che a relazionarsi con l’umanità verso la quale declamano un amore viscerale. Le poche volte che tentano di comunicare tra loro, il tutto si risolve in un’indicibile accozzaglia di insulsaggini proferite a mezza voce e occhi semi-chiusi, fattore che deve averli non poco sconfortati riguardo alle proprietà organolettiche del mondo. Alcuni s’identificano con l’ideale freak-acido degli scatenati sixties, altri ammiccano alla cultura rastafari, altri ancora frequentano circuiti rap, certi toccano addirittura il misticismo orientale: tutti, bene o male, non paiono molto convinti dei passi barcollanti che intraprendono in qualsiasi direzione. A dispetto di questa immagine non esattamente virile, riescono a strappare sospiri a destra e a manca facendo leva sui lineamenti scabri da belli&dannati e su una calcolatissima spontaneità gestuale/verbale: poco importa se la loro disinibita spensieratezza relazionale possa essere cagione di problemi anche gravi per chi mai ha osato interferire con la loro dimensione fatata. Sono individui a loro modo pericolosi, in quanto devianti anche per coloro che, incolpevoli, si trovano nelle loro vicinanze. Di sicuro la loro arrendevolezza rimane un fattore di non indifferente fastidio estetico per chi è costretto a contemplarli, beati nella loro incoscienza psicotropa. Alla lunga si fanno odiare senza volerlo, ma in fin dei conti è l’antipatia a pelle quella che resta più impressa nei neuroni – noi che ancora li possediamo. In caso di rivoluzione di massa è molto probabile che siano le prime possibili vittime di un pogrom su larga scala, e nessuno certo li rimpiangerà. VOTO: 4
[ancora oggi ignoro chi sia stato il Lutero dei bassifondi che stampò e affisse in giro per la città la mia umile filippica…]